Ciak si impara
- Paolo Maria Ferrari
- 2 set
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 9 set

Viviamo in un tempo in cui i ragazzi guardano e producono video in continuazione: clip brevi, veloci, che durano pochi secondi e si consumano altrettanto in fretta. È la loro lingua quotidiana, fatta di immagini, suoni e montaggi. Ma c’è una differenza tra “consumare” contenuti e imparare davvero a raccontare una storia.
Il cinema, anche nella sua forma più breve, come un cortometraggio, rimette al centro questa differenza. Non basta schiacciare “rec”: serve immaginare un soggetto, costruire una sceneggiatura, scegliere i ruoli, curare le inquadrature, lavorare insieme per dare forma a qualcosa di nuovo. È un esercizio che richiede creatività, certo, ma anche organizzazione, ascolto reciproco, capacità di gestire il tempo e le risorse.
Vivere il dietro le quinte della produzione di un cortometraggio significa entrare in un mondo nuovo e scoprire che dietro ogni immagine c’è un lavoro collettivo. Significa capire perché alcune scene emozionano più di altre, cosa rende una storia memorabile, come un dettaglio visivo può cambiare la percezione di chi guarda.
In un’epoca in cui i video si scrollano via con un dito, imparare a costruire un racconto che resti, anche solo per pochi minuti, è una palestra di creatività, consapevolezza e responsabilità. Perché ogni storia che impariamo a raccontare ci aiuta, un po’ alla volta, a raccontare meglio anche la nostra.
















































